venerdì 15 maggio 2009

Incontro con Mantegazza, secondo frammento

Il prof. Mantegazza si sofferma, con numerosi esempi e controesempi, su alcuni atteggiamenti pedagogici fondamentali; è evidente che sta parlando prima di tutto al proprio uditorio, cioè a insegnanti (e alcuni genitori) della scuola primaria e dell'infanzia.
La scuola, sostiene, deve proporre non già un quadro valoriale precostituito e rigido, ma al contrario gli strumenti per valutare in modo sempre più autonomo e efficace i valori che di volta in volta vengono proposti dal "mondo". La scuola è nel mondo: il suo compito educativo sta precisamente nell'educazione alla comprensione degli eventi.Di più. Tanto la scuola è nel mondo al punto da essere permeabile a ogni idea del mondo; con una caratteristica irrinunciabile: tutto quanto entra a scuola diventa oggetto culturale; sia pure il sentimento di "paura" che in questo periodo si sente evocare spesso.
La paura è naturale; va rispettata e presa sul serio: al punto che è necessario comprendere da che cosa nasce e quali motivi la suscitano. Tutto questo per riuscire a fare ugualmente le cose, accompagnando il sentimento di inquietudine che le accompagna naturalmente. La paura per esempio permette di notare subito le differenze: questo è il passo essenziale per l'incontro.

giovedì 14 maggio 2009

Raffaele Mantegazza a Erba

Linedì 11 maggio si è tenuto un incontro a Erba, organizzato dalla direzione del circolo della scuola primaria e dell'infanzia. Aveva per titolo "le radici e le ali - educazione alla multiculturalità"; ha visto protagonisti, oltre al pubblico prevalentemente composto di insegnanti, la dirigente S.Campisano e il prof.Mantegazza, studioso di pedagogia e autore di numerosi libri e ricerche sul campo.
Mantegazza ha esordito con una storia Zen; in effetti di aneddoti ne ha raccontati molti, durante le due ore e passa in cui ci ha intrattenuti sul tema del diverso.
Ecco la storia:
"quattromila anni fa, in cina, tra quelli che poi avrebbero abbracciato il credo buddhista, era consuetudine accogliere i novizi che intendevano farsi monaci, per un periodo di tirocinio; questo durava tre anni. Durante il primo anno i novizi svolgevano quasi soltanto lavori manuali di "servizio", come le pulizie e la manutenzione; durante il secondo anno i novizi approfondivano la conoscenza di sè stessi e del mondo. Durante il terzo anno dovevano stare in silenzio completo.
Al termine del terzo anno, venivano sottoposti a un esame che consisteva in un qoan, una domanda paradossale, superato il quale diventavano monaci a tutti gli effetti:
- in un villaggio lavora il miglior fabbro della terra, che è in grado di costruire lance insuperabili, capaci di penetrare qualunque armatura. Questo fabbro talvolta costruisce anche scudi; siccome è veramente abile e esperto, gli scudi che costruisce sono impenetrabili e nessuna lancia li può trapassare.
Riuscirà una lancia forgiata da quel fabbro a trapassare uno scudo costruito da lui stesso?
Questo era il quesito. I novizi che rispondevano "sì" venivano bocciati.
I novizi che rispondevano "no" venivano bocciati.
Veniva accolto nella comunità dei monaci soltanto chi restava in silenzio.
A volte ci sono domande che non ammettono risposta. Non è sempre "o bianco, o nero", ci sono aspetti della vita che richiedono un atteggiamento di ascolto e di attenzione. La questione delle "differenze" è uno di questi aspetti. I diversi hanno ragione tutt'e due. Altrimenti non ci sarebbe partita. Il problema è evitare di decidere "chi ha più ragione", cercando invece di accettare che ognuno la pensi come vuole sui grandi temi dell'umanità. Perchè c'è il dolore, quando morirò, i miei figli riusciranno a essere felici...