martedì 14 maggio 2024

DIECI ANNI DOPO

Proprio adesso, mentre le mie colleghe stanno cercando di organizzare una "community" intorno al tema del counseling relazionale, mi viene in mente di scrivere su questo blog dal titolo ambizioso: "Lavoro Politico". E' arrivato il tempo di riprendere in mano la stecca e chinarsi sul tappeto verde della tavola della nostra vita sociale.

lunedì 13 gennaio 2014

Radici irredente?

Il territorio circostante il Lago del Segrino (CO) è ricco di raggruppamenti di casolari e addirittura di ville; un tempo il terreno ora boschivo doveva aprirsi in pascoli ripidi ma redditizi, esposti al sole e resi miti dalla vicinanza delle acque lacustri.
Il clima mite e l'aria salubre, associati alla relativa vicinanza delle principali città e fra tutte di Milano, hanno attratto i possidenti che mandavano le consorti a "respirare" con figli e servitù nei mesi più caldi: di conseguenza le loro dimore si ingrandivano di pari passo con il loro successo negli affari, e pian piano costituivano dei modelli a cui tutti gli abitanti del posto guardavano con ammirazione, tentando di emularne le forme se non le dimensioni. Questo vale soprattutto per i giardini, nei quali non è raro, ancora oggi, notare piante che sappiamo essere tipiche di almeno due paralleli più in basso: banani, palme da dattero, fichi d'india.
Tra una recinzione e l'altra, quasi sempre sulle facciate più esposte ma non di rado anche nei vicoli, dove la vicinanza dei muri e lo spiovente dei tetti pare permettano l'ingresso a una sola lama di luce sottile, ecco spuntare la meridiana. Tutte quante, tranne una, hanno lo gnomone a ora vera, inclinato e orientato correttamente verso la Stella Polare; tutte quante riportano la curva del sole ai solstizi: in inverno quando la sfera luminosa è più bassa, e i raggi sono quasi perpendicolari al muro, l'ombra dello gnomone è corta e il suo girarsi in senso antiorario accompagna il Moto della Terra molto vicino al punto di inserzione dello stilo. D'estate, quando le giornate sono lunghe, il sole alto: i suoi raggi piovono radenti il muro e portano un'ombra dello stilo lunga lunga; essa disegna una curva convessa, morbida, elegante, che spesso lambisce la tredicesima ora di luce.
Qualcuno suggeriva che le meridiane hanno incontrato la loro fortuna con l'illuminismo: testimonianza del moto copernicano degli astri, assumevano alla lunga il significato di affermare con mitezza e con rigore ineluttabile insieme il fallimento del Disegno antropocentrico della Bibbia.
Per questo mi colpisce, percorrendo le valli del comasco e del lecchese, il numero elevato di orologi solari. Sembra un segno della persistenza - in luoghi dove il localismo più crudo e il cattolicesimo più intransigente si fondono spesso in atteggiamenti diffidenti e espulsivi verso "gli altri" - sembrano le meridiane un segno della resistenza, sotto la sabbia, tra il sottobosco ombroso, di un sentimento fiducioso nella razionalità umana e desideroso dell'unità del Cosmo; nello stesso tempo sono anche un gesto dimostrativo di curiosità, di cultura e di ricchezza; potenza del simbolo.

sabato 4 gennaio 2014

buon anno 2014 con qualche piccolo obbiettivo concreto

La questione della comunità - essere/sentirsi radicati nel luogo dove si vive; mettere in relazione questo con il luogo di lavoro - sollecita delle riflessioni in me che sono "scappato" dal paese trent'anni fa con l'idea di non tornare, e che ora che sto invecchiando mi trovo perennemente a cavallo della cresta, senza saper andare né di qua, né di là.
Sono apparentemente incapace di stabilire delle relazioni fertili con il territorio; eccetto che per le questioni pratiche: commercianti, meccanico, medico.
Mi scopro - in realtà l'ho sempre saputo ma non ho mai voluto accettarlo - persona che impara con le mani; e con i piedi, con le ginocchia, con la schiena.
Per questo motivo, ecco propormi due cose da farsi anche subito, con poche risorse.
Camminare i dintorni del posto dove abito. Il posto è assai articolato dal punto di vista del paesaggio, offre laghetti morenici e valli scolpite in massicci calcarei; ognuna di esse sarebbe da visitare e capire.
Mettere in campo una forma di organizzazione per cercare di condividere le competenze: la ipotesi più classica si richiama all'esperienza della "banca del Tempo". Questa sì, è una scommessa alta!
Vedremo.

venerdì 22 febbraio 2013

Ci occorre così tanto l'approvazione degli altri. Perché?

Quando scopro di avere svolto un lavoro particolarmente "bene", in modo efficace, soprattutto in modo efficiente in funzione di agevolare sviluppi successivi, rimango male ogni volta che mi rendo conto dell'indifferenza che suscita questo. Anzi, talvolta la velocità nel produrre risultati causa negli altri la diffidenza al punto che "rifanno i conti" ... per trovare, il più delle volte, che i miei dati erano corretti.
Perché rimango così male? che cosa mi importa di avere - non dirò l'approvazione o il plauso - il riconoscimento da parte degli altri colleghi? in realtà sono persone che non stimo; persone affette da un'incorreggibile doppiezza; persone che, nonché limitare, controllare i loro difetti, li ostentano con sfida. Di loro mi ferisce soprattutto questa capacità di manipolare; e mi stupisce la loro ostinazione a non volersi confrontare - non dico "con me" - con metodi leggermente più complessi, nel senso che anzichè per esempio stampare pedissequamente tutte le pagine, anche quelle vuote, potrebbero - come me e come migliaia di altri - impostare la stampa delle sole pagine interessanti... invece nulla. Stampa -> ok e via, undici, venti, venticinque pagine per ottenerne al massimo cinque utili.
Guardano con sospetto le cose nuove (nuove? è dal 1985 che è possibile scegliere le pagine da stampare!) e quando possono le rifiutano.
L'altra sera in treno pensavo a un romanzo di N. Hawthorne. Ora dopo due giorni ho capito perché

domenica 27 gennaio 2013

La condiscendenza non è più una virtù

dieci giorni fa, o più - era in effetti il 14 gennaio 2013 - alcune colleghe sono state notate mentre parlavano fittamente a bassa voce, indicandosi reciprocamente dei fogli. Su uno di essi si intravedeva la riproduzione di un attestato.
A una considerazione più attenta, dal momento che - nel mio piccolo - avevo già trattato quel documento, ho capito che le due si stavano riferendo proprio alla questione della sua validità come abilitazione: anch'io mi ero posto l'interrogativo, e mi ero risposto di no; da qui avevo proceduto per l'invio di un avviso scritto alla persona, per sollecitare l'invio di altri documenti comprovanti la sua esperienza professionale.
Ma le due signore, assai infastidite per la mia intromissione, si sono espresse in senso diametralmente opposto: sostenevano che non solo il documento era abilitante, ma anche che la lettera in preparazione non sarebbe servita, anzi sarebbe stata vessatoria nei confronti del Cittadino.
A quel punto, dopo avere espresso - e argomentato sinteticamente il mio parere sulla base delle regole della Camera di Commercio, di fronte alla loro ostinazione sorda le ho "mandate a cagare" uscendo dalla stanza.
Pare che questo - mi è stato riferito dopo - abbia suscitato una canèa.
Lesa maestà si intrufolava nelle pieghe dell' "offesa" personale - udite: a una funzionaria. Nessuno parlava più con me, tutti si allontanavano dall' "appestato". Finché due giorni dopo la Responsabile mi ha parlato, spiegandomi come stavano le cose: tutti sono andati a lamentarsi del mio comportamento. Sono arrivati a chiedere una punizione formale: sono arrivati a proporre il mio allontanamento dall'ufficio.
Non vedevano l'ora di mettermi sotto accusa, al centro del cerchio come una strega.

venerdì 11 gennaio 2013

stivali bianchi e calze a rete

Ieri mattina si è incrociato uno scambio di battute tra due colleghe, presenti noi "maschi" a proposito di un episodio curioso: una di esse, ferma in attesa in strada verso le nove di sera, è stata avvicinata da un'auto,il cui conducente ha chiesto informazioni su una via di quella zona.
Raccontando questo fatto, la protagonista si è lasciata andare a commenti compiaciuti sulla possibilità di fraintendere il suo atteggiamento, dal momento che si trovava sul marciapiede (ovviamente) in ora serale, da sola. E di fronte all'obiezione mossa da alcuni presenti, che "comunque le puttane si riconoscono", ha sottolineato che "spesso sono vestite normali" e che "è lo stivale che fa".
Riflettevo su queste ultime affermazioni, tutte appartenenti all'immaginario indotto femminile. Bene, l'idea che il maschio pavloviano risponda allo stimolo dello stivale in maniera univoca e prevedibile si accompagna al mito della donna-femmina padrona e regolatrice dello scambio sessuale, visto sempre e comunque - al di là della eventuale transazione in denaro - in termini economici. Dare per avere: vantaggi, posizione sociale, regalìe, favori... E addirittura, la donna misconoscendo in questo modo, lasciate stare le eccezioni significative che pur ci saranno in tre miliardi di persone, la propria condizione generale di subordinazione e di sfruttamento, non si accorge di perpetuare così il proprio stato servile e "reificato" cioè ridotto a cosa e in ultima analisi a merce: esattamente come una proletaria che però non offre già la propria forza-lavoro al miglior compratore; cede la propria capacità di costruirsi un destino autonomo alla prevaricazione del potere "forte" maschile. In questo replicando inconsapevolmente la funzione tipica, per la quale la donna è considerata dal maschio: riproduttrice; di braccia (i figli proletari) di eredi (i figli dei potenti) di gerarchie e di sopraffazione. Forse ci meritiamo i governi che abbiamo. Forse si può provare a cambiare.

giovedì 29 novembre 2012

Measure for measure

Anche oggi la mia dose di maltrattamento - oggi però ho argomentato.
Fatto: Sonia (ancora lei) riporta a tutti gli altri a bassa voce e con tono allusivo che in seguito al decesso della sorella di una collega alcuni stavano pensando a un telegramma di condoglianze.
Percepisco - forse perchè certe parole chiave sono calcate ad arte - che si sta organizzando qualche celebrazione. Punto da un pensiero repentino, mi interesso: mi rivolgo a tutti e dario si sente di rispondere, mentendo, evasivamente riassumendo il contenuto della comunicazione: "chi fa il telegramma e dove"...
Ovviamente non ne so nulla. Cado dal pero e mi informo: apriti cielo. Che io ascolto le conversazioni altrui - provate voi a starne fuori in una stanza di dieci mq con quattro persone - che intervengo sempre a sproposito - già provata ieri, ma ogni intervento è a sproposito! - e che comunque il mio problema è quello di bestemmiare. Ah sì proprio.
Così mi sono ritagliato un attimo di tribuna per sottolineare la mia distanza affettiva da questo gruppo "di merda"; e che tuttavia questo non impedisce di farmi parte zelante quando si tratta di argomenti professionali - ma bisognerebbe avere chiaro il concetto! - o di cortesia formale. Posto che apriamo una parentesi sugli inviti alle feste di compleanno, che sono ben contento di non avere perchè ritengo questi riti delle autentiche messe-nere, volgari scimmiottamenti che nascondono un ben preciso affermazione delle gerarchie di potere.
Infatti sono cntrario alle gerarchie, eccetto che alle distinzioni di ruolo che dà l'esperienza e la capacità.
Quante cose, in cinque minuti di discussione!